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Tre motivi per i quali tutte le discussioni del forum saranno chiuse dal 1° dicembre 2015 pur rimanendo accessibili a tutti i registrati. Ignavi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Illustrazione della prima parte del Canto III, Priamo della Quercia (XV secolo) Ignavi è il termine solitamente attribuito alla categoria dei peccatori incontrati da Dante Alighieri nell'Antinferno, durante la narrazione fantastica del suo viaggio nel regno dell'oltretomba all'interno della Divina Commedia. Essi sono aspramente descritti nel Canto III dell'Inferno. Questi dannati sono coloro che durante la loro vita non hanno mai agito né nel bene né nel male, senza mai osare avere una idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre a quella del più forte; tra essi sono inseriti anche gli Angeli che non si schierarono nella battaglia che Lucifero perse contro Dio. Dante li inserisce qui perché li giudica indegni di meritare sia le gioie del Paradiso, sia le pene dell'Inferno, a causa proprio del loro non essersi schierati né a favore del bene, né a favore del male. Sono costretti a girare nudi per l'eternità inseguendo una insegna – che corre velocissima e gira su se stessa – punti e feriti da vespe e mosconi. Il loro sangue, mescolato alle loro lacrime, viene succhiato da fastidiosi vermi. Dante definisce queste anime come quelle di peccatori "che mai non fur vivi". Il disprezzo del poeta verso questa categoria di peccatori è massimo e completo. Tanto accanimento si spiega, dal punto di vista teologico, perché la scelta fra Bene e Male, deve obbligatoriamente essere fatta. Dal punto di vista sociale, inoltre, nel Medioevo lo schieramento politico e la vita attiva all'interno del Comune erano quasi sempre considerate tappe fondamentali ed inevitabili nella vita di un cittadino. Se l'uomo è un essere sociale, chi si sottrae ai suoi doveri verso la società non è degno, secondo la riflessione dantesca, di alcuna considerazione. Dante cita anche misteriosamente, fra le schiere degli ignavi, l'anima di un personaggio che, in vita, "fece per viltade il gran rifiuto". Gran parte degli studiosi suoi contemporanei identifica questo personaggio con Papa Celestino V (Pietro da Morrone), un eremita che ha raggiunto il Soglio Pontificio nel 1294, ma ritenendosi incapace di sostenere la carica di papa, rinunciò all'ufficio consentendo quindi l'ascesa al potere di Bonifacio VIII, pontefice che Dante fermamente disprezzava. Già dal secolo successivo questa interpretazione ebbe minor considerazione presso i critici, e da allora l'identità dell'anima di colui che fece "il gran rifiuto" ha generato un non indifferente problema interpretativo. Sono molte le altre interpretazioni possibili, infatti, circa l'identità di questa anima: ivi compresa la possibilità di identificarla con l'anima di Ponzio Pilato, il prefetto romano che secondo i Vangeli rifiutò di giudicare Cristo nei momenti successivi la sua cattura, o con Esaù, che rifiutò la sua primogenitura barattandola con un piatto di lenticchie. Gli Ignavi nella Divina Commedia odio gli indifferenti Gli indifferenti Quando vedi quello sguardo senti subito che ti compatiscono. Non capiscono perché lo fai, cosa ci guadagni a cercare di cambiare le cose. Rifiutano il volantino che gli dai. Non firmano per l'acqua pubblica o per l'aria pulita o per la salvezza di un parco cittadino o per chiedere l’attuazione di una risoluzione parlamentare o non partecipano ad una presidio a loro favore. Se denunci i guasti italiani non ti ascoltano, i loro occhi ti trapassano come un laser. Hanno fretta, hanno sempre fretta. Passano oltre come se fossi un mendicante molesto. Ti dicono grazie grazie grazie (i più gentili) senza neppure ricambiare lo sguardo. Domani, per loro, è sempre un altro giorno che DEVE essere uguale agli altri. Nulla deve turbare la loro pace, qualunque cosa significhi pace, anche pace eterna. Hanno accettato tutto. Ma quanti sono gli indifferenti in questo dannato Paese? E come è possibile smuoverli? Talvolta mi chiedo chi me lo fa fare e, tra le tante ottime ragioni, una è quella di non diventare come loro. Cicerone si scaglia contro i pavidi maioribus praesidiis et copiis oppugnatur res publica quam defenditur, propterea quod audaces homines et perditi nutu impelluntur et ipsi etiam sponte sua contra rem publicam incitantur, boni nescio quo modo tardiores sunt et principiis rerum neglectis ad extremum ipsa denique necessitate excitantur, ita ut non numquam cunctatione ac tarditate, ..................... Le forze e i mezzi con cui si attacca la repubblica sono ben maggiori di quelli con cui si difende, in quanto basta un cenno per mettere in movimento gli avventurieri e i disperati che sono già di per sé stessi spinti contro lo Stato; i galantuomini, al contrario, sono alquanto apatici, trascurano gli inizi delle agitazioni e si risvegliano solo alla fine proprio sotto la spinta della necessità, sicché talvolta, a forza di temporeggiare e di esitare, mentre vogliono conservare la tranquillità anche a scapito dell'onore, perdono per loro colpa l'una e l'altro. Coloro poi che hanno voluto essere i difensori della repubblica, se sono troppo incostanti, passano all'altro partito, se troppo pavidi, vengono meno ai loro compiti; restano al loro posto, pronti a sopportare tutto per il bene dello Stato,, soltanto gli uomini come tuo padre, Marco Scauro, il quale si è opposto a tutti i faziosi, da Gaio Gracco a Quinto Vario, e non s'è mai lasciato piegare né dalla violenza né dalle minacce né dall'impopolarità; o come Quinto Metello, lo zio di tua madre, che inflisse come censore una nota d'infamia a Lucio Saturnino, assai influente nel partito democratico, radiò dall'elenco dei cittadini, nonostante le violenze d'una folla sovreccitata, un falso Gracco e, unico, rifiutò di giurare obbedienza a una legge da lui ritenuta illegalmente proposta, preferendo così rinunciare alla sua patria che ai suoi principi; oppure, per lasciare da parte gli esempi antichi, il cui gran numero è degno della gloria del nostro impero e per non fare il nome di alcun vivente, come Quinto Catulo, che non molto tempo addietro non poté mai essere allontanato dal suo cammino né con le lusinghe del soffio carezzevole del prestigio né con la paura di una pericolosa burrasca. Edited by giannifive - 21/11/2015, 16:05 |